Assunto di base

La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre.
(Albert Einstein)

mercoledì 11 giugno 2008

Tra fanti e santi

di Licia Ambu
Siamo alle solite. Il riciclaggio di parole, dote italiana quanto mai immortale, degli ultimi tempi ci inquina i neuroni senza possibilità di mediazione. Non facciamo altro che sentirci raccontare di rifiuti. Da ogni parte il rifiuto è diventato un’arte, una battaglia, premio per candidati alla tuttologia. Il vecchio istinto pregiudiziale e innato dell’uomo, quale metodo di catalogazione e percezione della realtà, ci etichetta agli occhi del mondo, noi compresi, come paese spazzatura. Dopo la mafia, la moda, la Ferrari, la pasta e le grandi firme artistiche, siamo da buttare. E se invece ci riciclassimo?

Napoli pare essere l’emblema, ma è solo la testa del mostro. La fame di riciclo non risparmia nessuno, pare che i rifiuti siano sulle bocche di tutti, in Campania c’è chi ha l’onore di ritrovarsene montagne dietro le grate delle finestre, ma tuttavia l’eccezione non manca. Il silenzio, oltre a una certa omertà, è calato sull’asso nella manica. L’Italia dei cervelli emigranti ha sfornato un sistema in grado, pare, di recuperare i rifiuti e renderli riutilizzabili in veste di materiali e combustibili. L’Italia dei Santi ha un dio a cui votarsi anche a questo giro, si chiama Thor (Total House-waste recycling) ed è il protettore della meccano raffinazione, partorito dalla ricerca italiana pubblica e privata (Cnr e Assing spa Roma). Il concetto è semplice: il meccanismo separa le sostanze nocive da quelle utili, riducendo suddetti problematici, innumerevoli, indisponenti rifiuti a dimensioni microscopiche.

E fu così che dalla buccia di banana nacque il carbone. Il designer in questione è Paolo Plescia, ricercatore dell’Ismn-Cnr (Istituto di Studi su materiali nanostrutturati del consiglio nazionale delle ricerche) e nelle sue parole la matematica e la scienza denudano le favole: “Un combustibile utilizzabile con qualunque tipo di sistema termico, compresi i motori funzionanti a biodiesel, le caldaie a vapore, i sistemi di riscaldamento centralizzati e gli impianti di termovalorizzazione delle biomasse”. Allora? Profeta in terra straniera? Sì. Thor, l’impianto autonomo, infatti, è sbarcato negli Stati Uniti, dove evidentemente i rifiuti sono più lungimiranti e volentieri si fanno riciclare, rielaborare, riutilizzare e plasmare per una buona causa. Ma restiamo tra le mura di casa. I rifiuti siculi non sono da meno, adottano il dio da qualche mese per uno smaltimento che raggiunge le otto tonnellate l’ora, senza necessità di parcheggiare le sostanze in attesa di smaltimento. Meccanico e perciò stesso utilizzabile quando serve, ovvero niente stoccaggio e niente cattivi odori, meglio di un detersivo. Nomade, si sposta dove serve e occupa uno spazio di 300 mq, per un costo medio pari a 2 milioni di euro e uno smaltimento di 4 tonnellate l’ora, in altri termini 43 euro per tonnellata circa. Si può imbarcare o montare su camion.

Confrontiamo nelle parole del demiurgo: “Un impianto di meccano-raffinazione di taglia medio-piccola da 20 mila tonnellate di rifiuti l’anno presenta costi di circa 40 euro per tonnellata di materiale. Per un’identica quantità, una discarica ne richiederebbe almeno 100 e un inceneritore 250 euro”. Inoltre Thor non ha in bilancio le spese di per lo smaltimento di scorie (vedi inceneritore) o per la gestione degli odori (vedi discariche). Usando un pratico sillogismo: paese medio di 5000 abitanti=50 tonnellate di rifiuti solidi, il tutto plasmato da Thor significa 30 tonnellate di combustibile, 3 di vetro, 2 metalli ferrosi e non e 1 di inerti, il resto, udiamo udiamo è acqua espulsa tramite vapore. Ma in un paese poco alfabetizzato alla raccolta differenziata come il nostro, appare comunque un oltraggio al principio.
Gioca con i fanti, ma lascia stare i santi…

2 commenti:

Carlo ha detto...

Un'articolo molto"verde"

Carlo ha detto...

Dimenticavo ho citato l'articolo ed il sito sul mio blog.