di Salvatore Tigani
Berlusconi vuole la comunione. E non la vuole così, sottobanco, in maniera, diciamo, clandestina. Come quando ti danno il resto sbagliato, una decina di euro in più, e tu dici, vabbe’, chissenefrega. Berlusconi la vuole regolare; insomma, col permesso del papa. La vuole firmata e controfirmata, col bollino iso9001, certificata. Fa la lotta alla contraffazione lui, pure. E quando il prelato gliela porge non dice solo, no, non la posso accettare, grazie uguale, Silvio rilancia: perché non darla a me e a tutti i divorziati? Siamo nel 2000, cribbio, aboliamo qualche vecchia legge, che dici, Benedetto?
E noi di colpo ci ricordiamo, o forse per la prima volta apprendiamo, che il premier ha una ex moglie. Su suggerimento di un editorialista recuperiamo la vecchia biografia, quella spedita a casa degli italiani uno per uno, salvo comunisti tesserati qualche tempo fa, e ivi leggiamo dell’amore evoluto poi in sincera (o grande o preziosa o chi si ricorda) amicizia. Gran comunicatore, il presidente. Il papa, dal canto suo, avrebbe potuto rispondere sì, come no, di leggi ad personam ne hai fatte tante tu ora te ne faccio una anche io. Ma qui, più che il solito scandalo à la Berlusconi, si rischiava un altro scisma e di questi tempi non ce lo si può permettere, ché i sondaggi lo danno, il papa, a livelli di popolarità inferiori a quelli di Veltroni. Quindi, per ora, niente da fare: Silvio berrà il vino e spezzerà il pane alla propria tavola, coi monsignori anche, gli stessi che non potranno mai ricambiare l’invito. Se Berlusconi chiede, però, Benedetto – o sì o no – risponde. Ed ecco il bel discorso sul divorzio, il matrimonio, l’abbraccio accogliente della chiesa ai divorziati, eccetera. Riassumibile, volendo, in un sms: “Silvio, lo sai ke tvb, ma x qst storia della comunione nn c pox fare nt. XD, J.R.”.
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