Assunto di base

La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre.
(Albert Einstein)

sabato 14 giugno 2008

Il Calcio Moderno

di Paolo Vaccaro



Plusvalenze, doping, repressione, fideiussioni false, rincaro biglietti, ripescaggi, intercettazioni, passaporti truccati, mega stipendi, borsa…
Buio in sala, luci sul palco: Signore e Signori… Il Calcio Moderno: da passione sincera a mercatino del business.
Il primo striscione di protesta contro la commercializzazione del calcio intitolava “Calcio: per noi passione, per voi televisione”. Da qui l’appellativo “Sky-fo” rivolto alla pay tv, rea di spezzettare troppo i campionati durante i vari giorni della settimana e dirette che penalizzano principalmente i tifosi con orari impossibili e partite spesso infrasettimanali, precedenti a giornate lavorative.


Gli anni ’90 sono quelli del business per il calcio, trattato come “merce da mettere all’asta e come prodotto televisivo da vendere al miglior offerente”. Calendari e partite sono calcolati in base alle esigenze del piccolo schermo ed in pochi anni il campionato maggiore è stato suddiviso in due giornate, quello di Serie B anticipato al sabato e spalmato addirittura in tre giorni, con un anticipo al venerdì ed un posticipo di lunedì per lasciare la domenica alle grandi di Serie A. Non più le esigenze della squadra, dei giocatori e dei tifosi, dunque, ma tutto in funzione dei soldi. Contro tutto e tutti, però, i tifosi non hanno mai disertato, nemmeno una trasferta, che si giocasse di venerdì, di sabato, alla domenica o al lunedì. Dai campionati maggiori a quelli regionali, le curve sono sempre state gremite, spesso inneggianti contro l’intero sistema calcio-televisivo.
Pay-tv e Pay-per-view hanno favorito un aumento esponenziale degli introiti da diritti televisivi, che attualmente sono la prima fonte di guadagno per le società, sempre meno interessate agli abbonamenti e agli incassi al botteghino ed economicamente dipendenti dalle televisioni. La maggior parte di questi nuovi introiti viene inoltre distribuito tra quei pochi club che vantano più tifosi e, naturalmente, il divario tra grandi e provinciali si amplia costantemente. E non potrebbe essere altrimenti, vista la spirale di ricavi e costi che si è creata: più una squadra incassa e più spende, più spende e più guadagna.

In questo fiabesco paesaggio, dove vince sempre il più forte, gli errori degli arbitri si compensano per tutti, il doping ed il calcio scommesse non esistono, i conti sono in pari e tutti seguono le stesse regole, gli stadi sembrano troppo piccoli, inadatti ad accogliere le famiglie e, con l’aiuto eroico delle società sportive, vengono trasformati in centri commerciali. Senza tifosi, però, costretti a spendere sempre di più, come in Inghilterra dove un singolo biglietto arriva a costare addirittura il triplo.

“Non ne possiamo più delle divise blu, No al calcio moderno, No alle pay-tv…”
I tifosi sono stanchi di un calcio che “seguendo ciecamente il miraggio di facili guadagni dati dalle pay tv e dalle quotazioni in borsa, sperpera cifre esorbitanti”, come si legge sui volantini delle numerose proteste delle tifoserie più disparate. Contro questa favoletta che di certo sarebbe terminata col classico “…e vissero tutti felici e corrotti!”.
Si provano le stesse emozioni vedendo la partita in poltrona? Sarebbero le stesse durante un cambio d’abito, o magari sorseggiando un tè dietro un muro di vetro? La risposta sembrerebbe scontata, ma mai dire mai in un mondo dove passione, sentimenti e partecipazione sono scavalcati costantemente dal potere del denaro.

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