di Licia Ambu
La voglio come Biancaneve come i sette nani R. Vecchioni
A cosa pensa Biancaneve? Nessuno lo sa. D. Barthelme
Lo sai perché si chiama il sogno americano? Perchè si avvera solo quando dormi. Il guru
Kim Herzinger, nella prefazione a The teachings of Don B, dice a proposito della scrittura di Barthelme: “È incategorizzabile. È così incategorizzabile, in effetti, che la sua incategorizzabilità è praticamente la prima cosa che uno nota”.
In effetti c’è un che di surrealista in Barthelme. Ci si ritrova di fronte una Biancaneve anticonformista, rivisitazione postmoderna dell’eroina dei Grimm, che al confronto splende di un candore talvolta noioso. Da quell’esempio d’impeccabile purezza che ci hanno inculcato madri esauste nel pre-nanna, ritroviamo una fanciulla piena di premure verso sé stessa, che rimira lo specchio solo per contemplarsi il seno (che sia già certezza assodata la questione del reame?) e condivide lo stesso tetto con sette omini arrapati dai nomi pronunciabili, vivaddio. I personaggi sono sagome al limite del possibile, caricature logorroiche che parlano un linguaggio ricercato, aprendo scenari da teatro dell’assurdo ad ogni battuta, con quel sostrato di cinismo e parodia resi da una magistrale immediatezza di linguaggio e un’anarchia insolita della trama.
E allora, non si capisce (davvero?) come sia possibile un esilio tale, Barthelme nascosto e introvabile, seppur ammirato e venerato da Wallace e lo stesso Carver. Allo stesso tempo, va detto, spietatamente ignorato dal grande Truman Capote: “…non riesco proprio a sopportare Donald Barthelme, e non ho mai letto nessuno che scriva, anche vagamente, come lui”, il che lo accredita ulteriormente, se solo si considera l’abituale vena critica di Capote.
E sì, smentiamolo questo luogo comune, perché in fondo noi lo sospettavamo da tanto, ed ora finalmente ne abbiamo la certezza, anche Biancaneve va dall’analista e mentre attende il principe azzurro (un fesso, naturalmente), non se ne rimane a casa inerme, ma fa pratica sessuale con i coinquilini, rigorosamente nella doccia, o con l’analista stesso. Indipendente, baciata da un quasi totale disinteresse per il giudizio altrui, spaesata e impulsiva. È una donna enigmatica quanto basta e si dedica alla scrittura, specialità: poesie erotiche. Biancaneve non rammenda nell’attesa, ma sperimenta, si lancia in voli pindarici inconsci, sogna. La vediamo quasi eroina burlesque, esteticamente nevrotica, tinte forti nero corvino su bianco latte, farsi strada ondeggiando nella metropoli odierna con i suoi cattivi, le sue ombre, i suoi prodotti estremi. I nani sono sempre sette, lavoratori precari, dediti ad attività talvolta illecite ed alla produzione di omogeneizzati cinesi. La critica intelligente, dispensata in ogni parola, una melodia, voce di qualcosa che smentisce la realtà in cui vogliono farci credere. Casa e chiesa è fuori moda. Che è poi, pura contestazione di quel sogno americano tanto declamato, self-made man (e woman?), che ovunque può arrivare se solo possiede volontà a sufficienza. Ma questo c’era una volta… perché Biancaneve non per forza mangia la mela, a volte preferisce vodka Martini con ghiaccio e adesso, finalmente, può scolarselo.
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