Assunto di base

La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre.
(Albert Einstein)

giovedì 5 giugno 2008

Verba Volant

di Licia Ambu


Pare che un’indagine svolta dal Centro Studi Lessicografico F. Valletti, a cura di Giorgio De Rienzo, sul testo I Promessi Sposi abbia evidenziato che il romanzo in questione, articolato in 223.000 vocaboli, gravita, in realtà, sull’utilizzo di sole 8.950 parole. Questo naturalmente significa, ad un calcolo molto grossolano, che ogni 24 parole circa se ne ripete una. Il che, è un po’ come usare il 20% del proprio cervello. È certo che nell’insieme, non è la combinazione “Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno” a risultare ridondante, ma anzi, se con perizia d’iniziativa ci si volesse mettere a contare la frequenza di parole come non, Addio e quant’altro, ci si accorgerebbe che le ripetizioni sono altre.  

Effettivamente, come da più parti declamato, la lingua italiana è una sterminata landa (deserta?) di variegate espressioni da cui poter attingere per poter dire, pressoché, qualunque cosa. Germogli di perifrasi potenzialmente incantevoli, giacciono nell’involucro di voluminosi dizionari, e lì, inermi, attendono la loro occasione. Avvertimenti allarmistici animano, un po’ ovunque, dibattiti su un italiano soppiantato da neologismi e forestierismi d’ogni sorta. Il nemico ci invade e noi sappiamo difenderci solo con 8.950 parole. Scandaloso. Ma vero! Alcuni studi ci rincorrono per informarci della nostra ignoranza: ovvero un italiano medio sfrutta un vocabolario approssimativo molto inferiore ai lemmi presenti nella lingua natia. Prendiamo, ad esempio, il Grande dizionario italiano dell’uso, diretto da Tullio De Mauro,  che conta circa 250.000 lemmi. Di una tale ricchezza semantica, l’italiano medio colonizza circa 7000 vocaboli. Il che, non solo fa del fu Manzoni, un logorroico culturalmente preparato, ma quel che è peggio, fa di noi… non un granché. Prendiamo una parola qualsiasi al suo interno. Districare. Quanti di voi nella giornata di ieri, anzi nell’intera passata settimana, hanno utilizzato il termine districare in vece di risolvere, ad esempio? Difficile ribattere con prove evidenti al fatto che sì, lesiniamo parole, siamo avari e tirchi di vocaboli. Come appellarsi altrimenti? Insomma, possibile che non abbiate avuto nemmeno un’occasione per fare sfoggio di quella meraviglia semantica che è Districare? Eppure a tutti è capitato di vivere, almeno una volta, una di quelle particolari situazioni in cui “non mi vengono le parole”, no? Allora è l’evidenza. Discutetene con Baricco, che per dirci quanto sia desolata la fattoria di Mato Rujo, impiega 26 indimenticabili parole, nel suo Senza sangue. Figurarsi se non è il vate della lingua italiana. Certamente nessuno proseguirebbe dopo le prime righe se si trovasse di fronte ad una fattoria semplicemente sola. Non lo farei nemmeno io. L’unica macchia nel profilo svuotato suona, ancorché, meglio. 

Ma allora, perché veniamo accusati di blasfemo disuso di parole, e di eccessivo uso di poche e inette espressioni? Forse perché al primo cappuccino quotidiano non ci chiedono “Gradirebbe una soffiata di candido zucchero, privo di lipidi saturi, nella sua bevanda già contaminata da caffeina?” Oppure perché le donne lasciano gli uomini senza mai variazioni sul tema “Mi serve una pausa di riflessione”? Non sarebbe meraviglioso poter entrare in un negozio di abbigliamento, dopo i bagordi di Natale, e sentirsi accogliere con un “Ritengo che il modello più grande cadrebbe più morbidamente sulle sue grazie perfette, da vera donna e non da anoressica”? Sfido chiunque a non desiderare una tale accortezza di vocabolario in simili situazioni. Anche se, in ultima analisi, sfruttando quel 20% di cervello che ci è concesso e quella dose di lipidi saturi del cappuccino di cui sopra, forse mostreremmo più facilmente una placida arrendevolezza di fronte al fatto che sì, molto poeticamente, ma ci stanno comunque informando che siamo ingrassati. E allora, il succo del discorso è lo stesso, senza arrabattarci sulla questione del girare intorno alle cose, usare delicatezza, addolcire la pillola, che con un poco di zucchero, eccetera. Ebbene sì, siamo poveri di vocabolario, usiamo sempre le stesse trite e ritrite espressioni, ma allora, sovviene un interrogativo: tutte queste cose da dire attraverso 250.000 parole, in fin dei conti, ce le avremmo davvero? Che sia, il nostro lesinare, la pura saggezza di un popolo? 

1 commento:

Carlo ha detto...

Sempre un'ottimo articolo